di Gabriele Ottaviani
La ricchezza sta nella conoscenza e non nelle cose materiali.
Dino Ticli, Edizioni della Sera, Lucio e il mistero dell’acqua scomparsa. Quarantamila sesterzi sono una bella somma, specie se si è senza il becco di un quattrino. Che è poi la situazione in cui si trova Nescius, magister appassionato e valentissimo, che è però l’unico che possa aggiudicarsi la somma e risolvere il mistero dell’acqua sparita da un intero quartiere della Roma antica. Almeno secondo il suo brillante studente, Lucio. Che però deve faticare parecchio a convincere il riluttante docente ad accettare l’impresa. E soprattutto a conferire con l’imperatore, nei confronti del quale prova un’antica e ricambiata ruggine. Mettersi contro Traiano non è d’altro canto e con ogni evidenza una buona idea: per questo Nescius, intelligentissimo nome parlante, come solo quelli plautini sapevano essere, attribuitogli dall’autore (rimanda a nescio, non so, e dire che lui invece di cose ne sa, eccome), deve cambiare identità, e perfino camuffarsi. Per i ragazzi di ogni età il romanzo permette di calarsi in una realtà conosciuta solo attraverso i libri, ma che qui pare vividissima, di essere coinvolti in avvincenti peripezie e di imparare molte cose. La capacità divulgativa di Dino Ticli, geologo, naturalista e insegnante di scienze in un liceo, è infatti straordinariamente limpida, e al tempo stesso mai ne inficia la piacevolezza e la leggibilità della narrazione.