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“Tutti pazzi per il gender”

1463048378_lallidi Gabriele Ottaviani

Una mattina ti alzi, ti vesti, ti fai una foto e la posti su Instagram. I commenti vanno da “ma cazzo, sei uomo o donna?” a “dovresti farti curare!” (“My life without gender: ‘Strangers are desperate to know what genitalia I have’”, 7 agosto 2015, The Guardian). Tyler è cresciuta in Florida. A 17 anni è attratta da un’altra ragazzina e comincia a domandarsi se è lesbica. Ma si sente fuori posto, una frode. Si domanda se fare sesso potrebbe farla sentire meno a disagio, ma l’idea è lontanissima dai suoi desideri. Il senso di isolamento è sempre più opprimente. “Mi sono sempre sentita come un cervello che cammina, vivendo nella mia testa mentre tutti gli altri sembravano avere una comprensione innata del proprio corpo: come muoversi, cosa desiderare.” Poi Tyler scopre l’esistenza delle persone transgender e dopo alcuni mesi decide di cominciare la terapia ormonale e di presentarsi come un uomo transgender. Dopo il primo appuntamento con il medico, Tyler riceve la prescrizione per il testosterone.

Chiara Lalli, Tutti pazzi per il gender – Orgoglio e pregiudizio di genere, Fandango. Nascere in un corpo che non somiglia alla tua anima è probabilmente un problema come non ce ne sono altri. Perché sei sempre, comunque, costantemente, in ogni momento della tua vita, in ogni situazione, in ogni contesto, in ogni istante, sbagliato. Inadeguato. Diverso. Solo. Quantomeno è così che ti senti. E hai paura di parlare. Perché gli altri non capiscono. Non possono capire. Perché hai paura di deludere. Che poi chi, e perché? Sei come sei, non esistono responsabilità. Perché hai paura di perdere l’amore che hai, o che credi di avere. Perché gli altri, comunque, ammesso e non concesso che non sappiano, che non si accorgano, che non capiscano, vogliono solo vedere quello che secondo loro è giusto che tu sia. Anche se giusto e non giusto non esistono. Quanto dolore c’è in chi si sente in imbarazzo per quello che è, quanto dolore si potrebbe evitare se si guardasse al di là delle apparenze, se prima di aprire bocca per vomitare insulti o ignoranza si pensasse a quanto le parole possono ferire. Soprattutto se sono parole a vanvera, deliberatamente pronunciare per confondere, per abbinare l’omosessualità o la transizione di sesso a qualcosa d’altro. Gender è parola inglese che significa di per sé genere sessuale, pertanto ideologia del genere è una locuzione che in quanto tale non vuol dire alcunché. Eppure è diventato uno spauracchio per molti. Il saggio di Chiara Lalli, bioeticista, bello, semplice, profondo, scritto bene, fa finalmente chiarezza.

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