di Gabriele Ottaviani
«Allora tua mamma è morta che tu eri ancora piccolissimo» balbettò Ingrid senza riuscire a smettere di piangere. «Sì. Ho anche scoperto che si chiamava Prunella e ho visto una sua fotografia al cimitero». «E il papà?» chiese Calogero con tono affettuoso dal quale non traspariva più alcuna traccia della rabbia di prima. «Per ora su di lui ci sono solo delle ipotesi, ma nulla di certo. Probabilmente non riuscirò mai a sapere chi è». «Anche lui è di quelle parti?» «Direi proprio di sì, ma non me ne importa molto perché, chiunque sia, evidentemente non si è mai interessato a me. Dunque è segno che non mi ha mai voluto bene. E neanche a mia madre…» «Povero bambino mio, come devi avere sofferto» sussurrò Ingrid. «E tutto da solo. Ora capisco, sai, la tua reazione di prima. E ti do ragione, non dovevamo ingannarti. Dovevamo dirti subito la verità anche se fra Guglielmo ci aveva fatto giurare… Credendo di fare il tuo bene siamo riusciti a darti solo dolore». «Non dire così, mamma. In questa casa ho passato momenti bellissimi, grazie a voi non mi sono mai sentito solo. Se guardo indietro, so che ho avuto un’immensa fortuna a trovarvi sulla mia strada. Cosa sarebbe successo di me se non ci foste stati voi?» «E di me se non ci fossi stato tu?» ribatté Ingrid. «La mia vita senza di te sarebbe stata vuota, senza senso…» «Ora basta» li interruppe Calogero, «è tornata la quiete dopo la tempesta ed è tutto è chiaro. C’è però ancora un problema che vorrei affrontare oggi visto che siamo in vena di confidenze reciproche. Cosa pensi di fare in futuro, Berto? Di tornare a Petralia Sottana o di passare il resto della tua vita in continente?»
Luigi Valloncini Landi, Il testamento del conte Inverardi, Salani. Ricchezza e povertà sono due mondi in contrasto e a contatto fra di loro, due facce della medesima medaglia, l’una, senza l’altra, non può esistere: i contrari sono indissolubilmente e per definizione uniti, come insegna la primissima filosofia occidentale. Ma capita anche di vivere a cavallo fra questi due mondi, di non appartenere per nascita all’aristocrazia eppure di condividere con parte di essa molte esperienze di vita e di formazione. E crescendo, poi, divenendo medico, succede persino di trovarsi ad accompagnare, quale che sia la classe sociale di appartenenza, le persone ad affrontare alcuni dei momenti più difficili della propria vita, quelli nei quali entra in gioco la rivoluzione della malattia, e pertanto di accorgersi di come la natura umana non abbia niente a che fare con il censo. Nato nel millenovecentoventinove, mentre Wall Street crollava e lo stato italiano in regime di dittatura e quello vaticano conciliavano dopo decenni le loro pendenze, esplose con la breccia di Porta Pia, da ottant’anni in mezzo agli aristocratici, l’autore si è laureato nell’arte di Ippocrate nel millenovecentocinquantaquattro e dopo mezzo secolo, una volta in pensione, si è dedicato alla scrittura, raccogliendo, emendando, ricomponendo, testimoniando ricordi, che tra i mille meandri di una splendida villa dipingono le altrettante sfumature delle anime. Da non perdere.