di Gabriele Ottaviani
Ho saputo subito che era tra quelli.
Exmouth Market, Londra. Una drogheria come tante. Anzi, una specie di bazar, a volerla dire tutta. Un negozio pieno di cose gestito da un italiano. Augusto Tanner. Orgoglioso dei suoi natali e della sua terra, cui pensa con nostalgia e persino una vaga soddisfazione per le colonie conquistate. Un padre di famiglia, di una famiglia italiana che vive normalmente, con decoro, senza dar fastidio a nessuno e lavorando, in Inghilterra. Dopo che c’è stata la prima guerra mondiale, e prima che scoppi la seconda, di cui già tira l’aria. Ma nel primo conflitto Italia e Inghilterra erano alleate, nel secondo no. E quindi Augusto senza colpa né peccato diventa un nemico. È rastrellato con tutta la comunità maschile italiana. È un giovedì. Il tredici di giugno. Winston Churchill, nato in piedi, labbra sporgenti, nel palazzo di Blenheim, non poteva dare retta alle superstizioni… Sì, perché sarebbe stato tutto più normale nella sua anormalità se la disgrazia fosse arrivata di venerdì tredici… Comunque, che sia di Giove, di Venere o di Marte, Augusto è deportato in Irlanda. Dove non arriva. Lasciando soli i suoi cari. Sua figlia. Vera. Un romanzo storico ed epico, scritto benissimo, avvincente: Vera, debutto narrativo pluridecorato (tra cui il Premio del Libro Europeo 2016) di Jean-Pierre Orban, tradotto dal francese da Micol Bertolazzi, edito da Gremese, è da non lasciarsi sfuggire.