Stirò un sorriso amaro, annuì e disse che se suo figlio voleva smettere di giocare, per lui andava bene. non c’erano problemi. Tanto, col carattere del cazzo che si ritrovava – e di certo non aveva preso da lui – non ce l’avrebbe mai fatta a entrare nella storia del tennis.
Il tempo è dei giorni che passano pigri e lasciano in bocca il gusto del sale: così cantava Gino Paoli, si dice ispirato da Stefania Sandrelli, e come dargli torto. È uno dei suoi pezzi più celebri, che ha ispirato anche un ciclo di film leggeri leggeri, ma che hanno il sapore della spensieratezza, di un tempo nel quale la più grossa delle sofferenze possibili è quella per amore, lancinante e struggente, ma anche, in fondo, cara al cuore come lo è agli dei, si dice, chi muore giovane. Sullo sfondo, un’Italia sciupona, avventata, entusiasta, ridanciana, onesta eppure furbetta e bighellona, forte e fragile. L’Italia, e i suoi abitanti. È l’estate del millenovecentosettantadue: c’è un imprenditore tessile, un impresario edile, un uomo che dall’Irpinia cerca fortuna. È una saga familiare, e sembra di dividere la tavola coi protagonisti, l’acqua tonica ghiacciata, il cocomero e le sigarette: Edoardo Nesi, per Bompiani, scrive L’estate infinita. Il libro, invece, infinito non è. Purtroppo: perché, per quanto ponderoso, si legge di slancio, e con gran piacere.