- Non sei mai felice?
- Mai.
- Giuralo.
- Non sono mai felice, no, soprattutto quando mi sveglio, forse faccio degli incubi che poi dimentico, e questi incidono sul mio umore. Dovremmo venirci più spesso, qua. In fondo è come stare seduti nel mezzo di un cratere lunare. Saltando tutta la burocrazia, l’addestramento per sopravvivere nello spazio, per pilotare uno shuttle numerato, eccetera. E il lancio in mondovisione, giusto, con tutto quel fumo e la gente che applaude.
- Stalin, non hai giurato.
- Non l’ho fatto?
- Giura che non sei mai felice.
[…]
Diademi di luce ritagliati sopra il cemento e strade evacuate come nei film di guerra. Deserti di asfalto irregolare, dove non passa neanche più la nettezza urbana. Le prime pagine dei quotidiani oscillano nel vento gelido della notte, e steli di fiori recisi dalle intemperie sbucano da lotti edificati a metà.
Bianca non ci vede. E scrive poesie. Stalin ha i baffoni, naturalmente. E un problema con la gestione dell’aggressività. Anche questo aspetto è coerente col personaggio, in effetti… La periferia, l’adolescenza, la fuga, la violenza, un paese che pencola pericolosamente sul precipizio, aggrappato alla terraferma con una sola unghia che pare sul punto di starsi per spezzare, un viaggio, un percorso di crescita. E una scrittura potente e al tempo stesso lirica, quella di Iacopo Barison, che per Tunué pubblica Stalin + Bianca, semplicemente un libro bellissimo che non si può perdere. Per ricordarsi di quello che si è stati, per guardare avanti e costruire un futuro migliore.